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Trento, 1 novembre 2019
contestazione di Biloslavo a SOCIOLOGIA DI TRENTO
Intervista a Marco Boato del Corriere del Trentino

Partiamo dal principio: cos’ha rappresentato Sociologia e cosa ha rappresentato la generazione del 1968 al di là dell’aneddotica che i decenni hanno prodotto, consumando anche il senso di ciò che è stato?

Quella di Trento è stata la prima Facoltà (allora Istituto, oggi Dipartimento) di Sociologia in Italia. Per questo a Trento negli anni ’60 sono confluiti giovani da tutta Italia, non solo per c onoscere scientificamente la società, ma anche per cambiarla. Da questa esigenza è nato il Movimento studentesco antiautoritario, che dalle aule universitarie si è esteso a tutti gli ambiti sociali, diventando un punto di riferimento italiano ed europeo e cambiando profondamente la società trentina. Su questi temi ho scritto, cinquant’anni dopo, il mio libro “Il lungo ’68 in Italia e nel mondo” (2018, La Scuola-Morcelliana), cercando una riflessione critica senza alcuna mitologia né demonizzazione.

Oggi cos’è rimasto? L’università è ancora laboratorio politico oppure è rimasto solo il simulacro di una narrazione politica polarizzata? I giovani della Lega nel loro presidio hanno chiesto di far “uscire i brigatisti dall’ateneo”, utilizzando un lessico legato ad altri tempi. Equamente d’altri tempi come gli slogan “via i fascisti dall’università” dei collettivi.

Non solo a Trento, l’Università è sempre meno laboratorio politico, ma resta un laboratorio scientifico-culturale, certo anche con valenze storico-politiche in senso lato. Solo una minoranza attiva di studenti ha anche una forte motivazione politica, anche se il movimento dei “Fridays for Future” nell’ultimo anno ha prodotto un profondo cambiamento nelle più giovani generazioni, verso una nuova consapevolezza ecologica, che ha una forte valenza non solo ambientale ma anche politica. I “brigatisti” non sono mai esistiti a Trento, neppure negli “anni di piombo”: parlarne oggi è semplicemente privo di senso. L’antifascismo – e più in generale l’antitotalitarismo – ha una forte valenza costituzionale, ma non può certo risolversi in una stigmatizzazione semplicistica e in un rifiuto del confronto e del dialogo democratico.

Secondo lei a cosa abbiamo assistito mercoledì sera? Posta la provenienza dei contestatori (nessuno era iscritto all’università) lo scontro tra fazioni di sinistra e fazioni di destra è episodio isolato, quindi una sorta di piccolo rigurgito che non va enfatizzato, oppure è l’inizio dell’incrudelirsi del confronto politico?

Tutto il confronto politico negli ultimi anni in Italia (e non solo) ha subìto una degenerazione, all’insegna dell’odio e dell’intolleranza. Questa è una malattia mortale per la democrazia. Giustamente nei giorni scorsi la senatrice a vita Liliana Segre ha fatto approvare in Senato una Commissione d’inchiesta su questi fenomeni, compreso il razzismo e l’antisemitismo, su cui purtroppo l’intero centrodestra si è astenuto, dimostrando un grave deficit di consapevolezza e di responsabilità, come molti hanno rilevato e denunciato, compresa Mara Carfagna, che se ne è apertamente dissociata. La dura contestazione di Biloslavo mercoledì scorso a Trento è stata un grave errore, che ha resuscitato, dopo decenni, una parodia degli “opposti estremismi” degli anni ’70 del secolo scorso. Bene ha fatto il rettore Collini a far collocare sulla facciata di Sociologia una frase emblematica di Norberto Bobbio, che certo non avrebbe potuto ricevere lezioni di antifascismo da nessuno. Ed è bello ricordare che nel 1968 Norberto Bobbio, insieme ad Andreatta e a Boldrini, seppe dialogare col Movimento studentesco di Trento all’interno della facoltà occupata in modo trasparente e democratico.

Nel tempo caratterizzato dalla caduta di ogni ideologia, c’è spazio ancora per un’ideologia come qualcuno evoca analizzando i fatti di Sociologia?

Le ideologie totalizzanti sono cadute, insieme alla caduta del muro di Berlino, di cui ricorre in questi giorni il trentesimo anniversario. Restano invece i valori di giustizia e di libertà, che sono valori perenni, a cui tutti dovrebbero ispirarsi.

Come è cambiata la fruizione della libertà e il concetto di libertà nel passaggio dal Sessantotto ad oggi?

Resta valido il principio secondo cui la libertà di ciascuno termina dove inizia la libertà dell’altro. Ma non può esistere libertà senza la giustizia. E oggi aggiungerei che non esiste giustizia sociale senza giustizia ambientale. Il Sessantotto ha fatto rivivere questi valori, che hanno tuttora e sempre più una validità esemplare.

Qual è il falso storico, se ne esiste uno, che maggiormente accompagna la storia di Sociologia?

Ne ho scritto molte volte, riflettendo criticamente sulla storia di Sociologia. Il falso storico in passato ricorrente, come una leggenda metropolitana, è stato l’indebito collegamento tra il Movimento studentesco di Sociologia e la nascita delle Brigate rosse a Milano all’inizio degli anni ’70 del secolo scorso. A Milano, appunto, e non a Trento, dove le Brigate rosse non sono mai esistite. E chi in questi giorni ha stupidamente evocato il nome di Renato Curcio è nuovamente caduto in modo risibile in questo equivoco storico, oggi si direbbe una vera e propria “fake news”.

 

 

  Marco Boato

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